Questo articolo è stato scritto qualche tempo fa. Avrei dovuto pubblicarlo il 21 marzo. Non l’ho fatto… forse perché non ero pronta. Poi però arriva un momento in cui ti rendi conto che raccontare la tua storia può servire per qualcosa di più grande. Il 21 marzo c’è stata la giornata europea della Cefalea a grappolo e se oggi sono diventata Assistente Virtuale e lavoro da casa è anche (un po’) a causa merito suo. In questo articolo ti racconto un po’ di me, di una patologia poco conosciuta, di gestione del dolore, di lavoro da remoto e utilità sociale. Hai detto poco! 😱
Cefalea a Grappolo cos’è?
“La cefalea a grappolo (in inglese cluster headache) è una cefalea primaria neuro vascolare estremamente dolorosa. Ha carattere periodico, con fasi attive alternate a fasi di remissione spontanea. Tali fasi attive vengono chiamate “grappoli” (o “cluster”). L’intenso dolore è causato dall’eccessiva dilatazione dei vasi cranici che generano pressione sulle terminazioni sensitive del nervo trigemino. Benché vi siano numerose ipotesi, l’eziologia è tuttora ignota.” [Fonte: Wikipedia]
Ebbene, questa cefalea dal nome simpatico mi accompagna da ben 20 anni, ma ne parlo raramente. Solo i miei famigliari e pochi amici sanno cos’è e non ne parlo mai forse per pudore, forse perché mi riesce difficile spiegare ogni volta che no, non è “solo” mal di testa. Nei miei anni da studentessa è stato abbastanza semplice gestirla, per sicurezza mi sedevo sempre in fondo all’aula in modo da poter sgattaiolare fuori alle prime avvisaglie. Ho studiato lingue, sono andata all’estero, mi sono divertita e non mi sono fatta frenare, ero giovane, a volte incosciente e si può dire che la cefalea sia cresciuta con me. 😉
Cosa vuol dire soffrire di cefalea a grappolo
La cefalea può essere di due tipi: episodica o cronica. Fortunatamente io ne soffro in maniera episodica, ciò significa che ho dei mesi di remissione e dei mesi in cui la cefalea è attiva, il cosiddetto grappolo. Durante questi mesi assumo quotidianamente un farmaco, che aiuta a ridurre il numero di attacchi. È grazie a questo farmaco se posso condurre una vita normale anche nei mesi del grappolo.
Durante la fase “attiva” il mal di testa può arrivare in qualunque momento. Io sono fortunata perché ho gli attacchi di solito la notte o al mattino. Ma non è una regola fissa. Si possono avere fino a 6/8 attacchi in un giorno. L’attacco in sé arriva molto rapidamente, senza grosse avvisaglie, dura – di norma – un’ora o un’ora e mezza. Non ci sono compresse che bloccano il dolore. Si può provare a bloccarlo solo con un’iniezione o inalando ossigeno puro da una bombola.
Il dolore non è descrivibile. In quel lasso di tempo posso tranquillamente arrivare a rinnegare i miei affetti più cari e a dire cose che l’esorcista a confronto levati… poi per fortuna passa e ritorno magicamente in me, sto bene, ragiono di nuovo (beh quasi 😜..).
Lavoro e cefalea
Non è stato semplice gestire la cefalea e conciliarla con il lavoro. Come dipendente avevo le mie ferie, i permessi e quant’altro, ma raramente mi sono serviti. Ero limitata da un qualcosa di non visibile e di non prevedibile.
Come gestire un qualcosa di non prevedibile con un lavoro tradizionale? Se ti va bene e ti viene male mentre sei a casa puoi prendere permesso, ottimo. E lo fai tutti i giorni per 6 mesi? E quanto prendi di permesso? Due ore? Tre? La mattinata intera? Tanto sai che avrai altri attacchi nel corso della giornata, quindi è tutto inutile. Non puoi nè vuoi entrare e uscire dal lavoro. E poi hai voglia di lavorare, che cavolo, di seguire i tuoi clienti, di essere viva, di non farti fermare. NON VUOI STARE MALE.
Per non parlare della gestione del dolore… sia esso cronico, sporadico o di qualunque tipo. La gestione del dolore è una questione estremamente complicata e delicata. È un qualcosa di privato, di cui di solito ci si vergogna. Si dovrebbe aver diritto a soffrire in santa pace, piangendo, imprecando e maledicendo quanto si vuole, lontano da occhi indiscreti e senza sentirsi in colpa.
Lavoro da remoto: cosa ha significato per me
La cefalea è stata uno dei fattori che mi ha fatto scegliere di provare a lavorare in modo diverso. Non è stato l’unico motivo, ma diciamo che ha contribuito. Nelle varie aziende nelle quali ho lavorato il lavoro da remoto non solo non era previsto, ma non era neanche lontanamente ipotizzato. Così ho scelto di lavorare online avviando la mia attività di Assistente Virtuale.
Ora posso lavorare da casa, senza troppi vincoli, e questo ha avuto come conseguenza un netto miglioramento della mia qualità di vita.
Intendiamoci la cefalea c’è sempre, ma posso finalmente gestirla in modo diverso. Posso fermarmi e far passare gli attacchi nella pace e nella tranquillità di casa mia, senza dovermi chiudere in bagno, senza dover fingere di stare bene e senza dover dare spiegazioni. Senza sentirmi in colpa. Posso decidere di lavorare nel pomeriggio o alla sera, senza per questo sentirmi meno produttiva o diversa.
Il mio lavoro non risente della patologia e mi sento finalmente libera di poter lavorare senza timore di non essere al 100% della forma.
Lavoro da remoto e utilità sociale: uno strumento concreto
Il lavoro da remoto, lo smart working, il lavoro agile – in tutte le sue accezioni – può davvero essere uno strumento utile per tutte quelle persone che soffrono in silenzio di una patologia più o meno conosciuta, più o meno invalidante.
Penso a uomini e donne che si trascinano al lavoro pur sapendo che quel giorno staranno male.
Penso a tutte quelle patologie che limitano le persone e le fanno sentire non adeguate, non idonee, non spendibili in un mercato del lavoro che ti vuole operativo H24, sempre perfetto, sempre attivo.
Penso ai titolari di impresa che hanno diritto ad avere un dipendente lucido e felice di dare il 100% in quello che fa, indipendentemente dallo stato di salute.
Penso a tutte quelle professioni per le quali servono solo un computer e un telefono e che potrebbero essere trasformate in lavoro da remoto. Con un po’ di impegno da parte dell’azienda e del dipendente.
Lavorare da remoto non significa solo poter lavorare da casa propria o da ovunque si voglia, significa poter sfruttare la giornata seguendo i propri ritmi, secondo la propria salute o la propria produttività. Significa allargare la propria visione e il proprio senso di responsabilità, sapendo che ci sono compiti da portare a termine, non 8 ore da far passare.
Lavorare in modo diverso è possibile. E mi auguro davvero che la nuova generazione di imprenditori dia vita a un nuovo modello di azienda, dove il lavoro agile possa essere la norma e non l’eccezione.
In questo post non ho voluto entrare nel dettaglio della cefalea a grappolo, ma ci sarebbe molto altro da dire, se ti va di approfondire l’argomento puoi dare un’occhiata al sito del Centro Cefalee di Roma o all’associazione italiana OUCH Italia.
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